Così la solitudine non fa più paura

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Molte donne si fanno prendere dall’ansia all’idea di passare una sera a casa, senza nessuno.

Ma stare in compagnia di se stesse può essere piacevole

Sicura, dinamica. Così ti vedi quando sei immersa nelle tue mille attività. Ci sono altri momenti,però, in cui stenti a riconoscerti in questa immagine. Quando, per esempio, apri la tua agenda e ti rendi conto che per la serata, o per il weekend, non hai fatto programmi. Allora quella pagina vuota ti genera il panico: perché non sei abituata a stare da sola.

«La paura della solitudine è un disagio diffuso» osserva la psicoterapeuta Gabriella Panzironi. «Viviamo, infatti, in una società orientata all’azione e alla sovrabbondanza di stimoli. Molte persone temono di scoprirsi scariche e demotivate se la colonna sonora della loro vita non è un costante rumore di fondo».

Eppure la capacità di stare soli è una risorsa importante.

Lo conferma la psicoanalista Nicole Fabre nel suo ultimo libro, La solitudine, gioie e dolori (Magi): «Alla solitudine bisognerebbe abituarsi fin dall’infanzia» spiega l’autrice. «Ma anche da adulti ci si può rieducare ad apprezzarla». Basta sperimentarla in piccole dosi. «E cominciare a chiedersi che cosa esattamente ci spaventa dello stare soli» suggerisce Gabriella Panzironi.

«Spesso ciò che si teme di provare nel silenzio della propria casa e della propria anima è l’ansia dell’abbandono. Ci si sente dimenticati da tutti, quasi che l’essere sempre sulla scena del mondo  garantisse l’attenzione e l’affetto degli altri». Se entri in confidenza con queste paure, le tue reazioni di fuga saranno meno automatiche e potrai provare, allora, a concederti piccoli spazi programmati di solitudine, ad ascoltare le tue sensazioni, ad accoglierle.

Nicole Fabre racconta che molte persone  hanno scoperto proprio così la possibilità di una solitudine buona, fertile, creativa. Può aiutarti, come suggerisce l’autrice, tenere un diario: metterai meglio a fuoco le emozioni e imparerai ad amare anche il silenzio. Magari continuerai a uscire spesso, ma non avrai più l’impressione, chiudendo la porta, di lasciarti alle spalle una prigione. «Educarsi alla solitudine facilita anche le relazioni» conclude la dottoressa Panzironi. «Quando non si sa stare da soli, ci si rivolge agli altri come farebbe un bambino. Con il bisogno, cioè, di essere riempiti, rassicurati, protetti. Ma in questo modo si diventa dipendenti da tutti e non si è in grado di avere rapporti maturi e sereni. Solo se si è capaci di stare bene con se stessi, infatti, si è in grado di scegliere, dosare e apprezzare la  compagnia degli amici».

di Benedetta Silj   – 9/9/2004  Fonte: donnamoderna.com/salute/psicologia