Soli soli soli – Come affrontare la solitudine – P. Romeo

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Prima, Adamo ed Eva non  hanno bisogno di capirsi, possono, entrambi, stare nudi a guardarsi, senza lussuria; dopo, quando si è compiuto il peccato originale, subentra lo stridore della conoscenza ed allora si scopre di essere nudi, di non essere più al di là del bene e del male ma in mezzo.

Lucidamente si avverte per la prima volta la propria singolarità e si ha paura per tutto ciò, si è finalmente soli.

L’argomento non e’ di facile approccio, specie per il desiderio di renderlo accessibile a tutti, poiché non e’ solo un tecnicismo ma rappresenta una quotidianità.

Pur essendo difficile da esemplificare, il concetto della solitudine, e’ così banale dal momento che attinge dall’ordinario, da quello che succede ogni giorno.

Come in terapia omeopatica ciascuno reagisce in maniera variegata, quando riceve piccole dosi, così ognuno sente la solitudine in maniera diversa ed in base a questo sviluppa un’idea individuale, coerente con la propria cultura, con il tempo in cui si vive, con la propria personalità.

Perciò, c’e’ chi evita la solitudine, chi si sente ammaliato e chi ne e’ indifferente.

La solitudine, può, quindi, essere considerata uno spettro dicondizioni che vanno dalla noia, alla paura, al fascino, all’appartenenza ed a tante altre cose, e diventa così come una cartina al tornasole per indicare ciò che noi siamo.

Qual e’ l’atteggiamento più giusto per accostarsi a tale argomento?Ammesso che ce ne sia uno giusto?

Forse con una smorfia, con interesse, con ammaliazione o con indifferenza, dinanzi ad argomenti così psicologici ed a volte intimistici, che investono la sfera privata, ci imbattiamo nella reticenza nostra e degli altri.

Per capirci qualcosa in più e per vincere la naturale resistenza che a questo argomento così intimo e’ associata, si suggerisce la sospensione del giudizio, in modo tale che da questo limbo si possa considerare la solitudine al di fuori delle proprie problematiche esistenziali.

Per sospensione del giudizio noi intendiamo un particolare stato di coscienza, di ricezione e non di trasmissione, in cui l’ascolto e’ massimo ed i valori, le regole, a cui siamo abituati, sono momentaneamente accantonate in attesa di una nuova sistematizzazione mentale.

Epoche’: “sospensione dell’assenso”: e’ una stasi del pensiero discorsivo che conduce al silenzio del non asserire. E’ un concetto che troviamo già enunciato nella filosofia degli Scettici come principio che consente di raggiungere l’imperturbabilita’, il distacco dalla paura e dal desiderio, l’atarassia.

Edmund Husserl riprende il termine nel significato di “riduzione epochizzante” e quale strumento per raggiungerel’Ego in quanto centro funzionale ultimo di ogni costituzione.

Anche nella cultura orientale troviamo concezioni analoghe. Nel buddhismo si hanno tecniche della “sospensione” attraverso la meditazione, in cui la concentrazione dell’attenzione realizza la trascendenza dell’ego e apre a una nuova forma di attenzione-consapevolezza.

Se qualcuno vi domanda se vi sentite soli, se vi interessate alla solitudine, se qualcuno si mostra esterrefatto della vostra capacità di stare soli, allora cosa vuol dire?

Sembra quasi che questo interesse forse non e’ per voi ma per l’interrogante.

Nel senso che questi vuol capire qualcosa in più sulla solitudine e su se stesso.

Se vi dice “dovete essere molto soli” quando voi non percepite questa sua sofferenza, allora cosa significa?

Qualche tempo addietro un paziente vide sulla mia scrivania un libro sul tema della solitudine e mi chiese “Ma lei dottore perché si interessa a questo problema? Deve essere molto solo!”

La sua reazione non si riferisce alla considerazione che egli aveva di me ma piuttosto a quella che aveva di sé stesso. Nell’esprimere i suoi sentimenti sulla solitudine egli li ha proiettati su di me, considerando tale

situazione, cioè l’essere solo, una situazione difficile,tanto insostenibile che solo un terapeuta, almeno secondo lui, poteva accettarla; egli negava così la solitudine che gli apparteneva.

Un altro paziente, mentre veniva somministrato un test sulla solitudine, ha detto “Ma che argomento inutile”, negando con ciò ogni utilità e difendendosi di fronte ad una condizione umana così naturale.

Tutto ciò induce a pensare che la solitudine sia diversa, quantodifferente l’universo di ognuno.

Ecco cosa intendevo per cartina al tornasole.

La solitudine e’ intimistica, cioè appartiene alla sfera del privatissimo, “non e’ spesso condivisibile”, suscitandodei sentimenti conflittuali di amore e di odio, come se sia un fatto imperante della nostra cultura rifiutare la solitudine ed accettare la confusione, il riso, la compagnia.

Qualche tempo fa, in un articolo dal titolo “La solitudine, argomento salottiero”, volevo esprimere una provocazione: e’ possibile parlare in un salotto, in compagnia, tra amici, di solitudine, di un argomento così privato? Forse no: perché è nella solitudine si svelano per noi le radici dell’essere; con la solitudine emerge ciò che c’e’ di più vero e profondo.

Essa diviene un argomento salottiero sviscerandone la sua parte più estroversa vale a dire la riflessione di sé, per stare meglio con gli altri. Che senso ha infatti parlare di solitudine quando si banchetta tra amici?

Il senso e’ recondito ed e’ implicito nella solitudine più estroversa; in quel tipo di solitudine che ti aiuta, tramite i meccanismi ad essa sottesi a godere dell’altro, a vivere in un salotto con serenità, con il proprio mondo interiore anche insieme agli altri, consentendoti di stare bene anche quando si e’ soli.

Se e’ possibile fare quello che dice Tibullo “Sii una folla per te stesso”, allora e’ possibile anche stare con gli altri, essendo soli.

Certo, vi e’ la tendenza abituale a demonizzare la condizione dell’essere solo.

In questi anni di inizio secolo fatti di discoteche, pub con musiche ad alto volume, televisioni e di tutto ciò

che la tecnologia ci ha donato per non essere soli, la solitudinee’ come un’arpia di cui non vogliamo sentire il suono. Se andate in una sala giochi, l’atmosfera trovata non e’ forse quella di una grande solitudine che però viene vinta con l’ausilio dei giochi elettronici?

In fin dei conti stare in compagnia di un videogioco e’l’estrema ratio della solitudine, una solitudine non compresa, non accettata, non consapevolizzata, contro un’apparente compagnia fatta di gnomi, di macchine, di mondi virtuali a cui sottostiamo passivamente.

Chi getta i sassi dal cavalcavia gioca per vincere la solitudine, la noia, in un gioco tribale; e’ forse la stessa persona che quando non ha in manoil joystick preferisce i sassi?

All’arpia, quindi, bisogna restituire le sembianze della ninfa, consentendo così alla solitudine di far nuovamente il suo ingresso nella nostra cultura, stavolta dalla porta principale.

Pasquale Romeo

Fonte: http://www.pasqualeromeo.it/promeo/solisolisoli.htm 

Vi è la tendenza abituale a demonizzare la condizione dell’essere solo. Eppure nella solitudine si svelano per noi le radici dell’essere; con la solitudine emerge ciò che c’è di più vero e profondo.Questo libro ci aiuta ad affrontare la solitudine, restituisce all’arpia le sembianze della ninfa, consentendo così alla solitudine di far nuovamente il suo ingresso nella nostra cultura, stavolta dalla porta principale.