Dolore fisico e dolore sociale sono pari

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STUDIO SUGLI EFFETTI PSICOLOGICI DELLA SOFFERENZA

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Nuovi scenari per la cronicità. Anche uno stress breve è dannoso.

Il dolore fisico ha conseguenze psicologiche del tutto simili a quelli dell’esclusione, dell’ostracismo e dell’isolamento sociale: è il risultato di uno studio pubblicato sull’European Journal of Social Psychology. Lo studio è stato condotto da un team di ricerca internazionale, guidato dal sottoscritto, in collaborazione con James H. Wirth, assistant professor presso l’University of North Florida e Kipling Williams, professore alla Purdue University.

Questa conclusione è stata ottenuta partendo dagli studi che suggeriscono che il dolore fisico e il dolore sociale attivano i medesimi circuiti cerebrali. In altre parole, sembra esistere una sovrapposizione fisiologica tra il dolore fisico e il dolore sociale. Nel nostro studio ci siamo chiesti se il dolore fisico e il dolore sociale causano le medesime risposte psicologiche. È infatti noto come il dolore sociale causa un set specifico di risposte psicologiche, conosciute nei termini di minaccia ai bisogni psicologici fondamentali quali il senso di appartenenza, l’autostima, il senso di controllo e l’esigenza di una vita significativa dell’individuo. Integrando le evidenze di sovrapposizione fisiologica tra il dolore fisico e il dolore sociale con la conoscenza di questo set specifico di risposte psicologiche al dolore sociale, abbiamo testato l’ipotesi che il dolore fisico potesse causare risposte psicologiche simili a quelle causate dal dolore sociale. Sono stati condotti due esperimenti. Nel primo i partecipanti sono stati divisi in tre gruppi. A ciascuno di questi gruppi è stato chiesto di rievocare un’esperienza passata di dolore sociale, di dolore fisico oppure una routine giornaliera (condizione di controllo). Tutti i partecipanti hanno poi completato delle scale finalizzate a misurare la soddisfazione dei bisogni di base, l’umore e le tendenze aggressive. I risultati? Sia la rievocazione di un’esperienza di dolore sociale che la rievocazione di un’esperienza di dolore fisico erano associate a risposte psicologiche deteriorate rispetto alla condizione di controllo. Nel secondo esperimento sono state indotte esperienze reali di dolore sociale e fisico. I partecipanti sono stati assegnati in modo casuale a una condizione di dolore sociale oppure a una condizione di dolore fisico. Il dolore sociale è stato indotto attraverso l’utilizzo di Cyberball, un gioco fittizio on-line che ha permesso di includere o escludere il partecipante da un’interazione sociale. Il dolore fisico è stato indotto attraverso l’uso del Cold Pressor task, un compito che consiste nel mantenere una mano all’interno di acqua a bassa temperatura (I.e., 5 gradi centigradi). Entrambi i compiti (I.e., Cyberball e il Cold Pressor Task) hanno avuto una durata breve, pari a 60 secondi. Confermando quando emerso nel primo esperimento, i risultati hanno mostrato che sia l’induzione di dolore sociale che l’induzione di dolore fisico riducevano la soddisfazione dei bisogni psicologici fondamentali (i.e., autostima, controllo, senso di appartenenza e percezione di significatività dell’esistenza). Inoltre, il secondo esperimento ha mostrato che sia il dolore sociale che il dolore fisico inducono i partecipanti a sentirsi esclusi e ignorati. In generale, questi risultati suggeriscono che anche induzioni minimali di dolore sociale (esclusione da un gioco on-line) e fisico (tenere la mano nell’acqua fredda) possono avere un impatto psicologico profondo. I risultati di questo studio hanno implicazioni sia teoriche che applicative. Da un punto di vista teorico, in una prospettiva evoluzionista i sentimenti di esclusione causati dal dolore sociale sono considerati meccanismi funzionali e adattivi, in quanto motivano l’individuo a cercare l’inclusione sociale in seguito a eventi quali l’esclusione, l’ostracismo, l’isolamento sociale. Allo stesso modo gli esseri umani – in seguito all’esperienza di dolore fisico – potrebbero aver avuto maggior opportunità di sopravvivenza se spinti da risposte psicologiche connesse alla ricerca di inclusione e protezione sociale. Da un punto di vista applicativo, possono esserci ricadute importanti per la gestione del dolore del paziente. Studi precedenti hanno messo in evidenza la tendenza dei professionisti della salute a dubitare del dolore riportato dal paziente quando si manifesti contemporaneamente al distress psicologico (e.g., depressione). In questa ottica, il dolore riportato da chi soffre può essere erroneamente attribuito dagli operatori al distress psicologico, piuttosto che il contrario (ossia attribuire il distress al dolore). Questo studio mostra invece che il distress psicologico, nella forma di abbassamento della soddisfazione dei bisogni psicologici di base, segue anche induzioni di dolore minime. In questo senso, il lavoro porta ulteriore sostengo e valore all’approccio bio-psicosociale al dolore, ancora oggi trascurato dalla medicina occidentale. Ma i risultati di questo studio sono importanti per capire la scarsa considerazione ancora oggi attribuita agli effetti psicologici del dolore cronico. Sessanta secondi di induzione di dolore fisico sono sufficienti per far sentire chi soffre escluso e ignorato. Spetta alla ricerca futura investigare fino a che punto possono arrivare le conseguenze psicologiche del dolore nelle condizioni croniche.

Paolo Riva  – Dipartimento di Psicologia Università Milano-Bicocca

Il Sole 24 Ore Sanita’ – N.38 – 11 ottobre 2011 Pag. 26