La solitudine da pandemia colpisce di più gli under 30

Betty Balzano

Sì, perché, secondo uno studio dell’Università di Copenaghen pubblicato su The Lancet Regional Health Europe, il lockdown ha messo  a dura prova la salute mentale degli under 30 mentre ha avuto un impatto psicologico meno pesante per le persone più grandi.

Lo studio ha coinvolto 200mila cittadini di quattro Paesi europei, Danimarca, Francia, Paesi Bassi e Regno Unito durante il lockdown adottato per contrastare la prima ondata dell’epidemia tra marzo e giugno del 2020. I partecipanti sono stati sottoposti a un sondaggio in contemporanea per valutare il livello di solitudine, ansia e preoccupazione legato alla nuova e inquietante condizione di vita.

In generale il maggior livello di ansia e solitudine si è osservato all’inizio del lockdown, tra marzo e aprile. Lo stato d’animo dei cittadini dei diversi Paesi è andato gradualmente migliorando in concomitanza con l’allentamento delle misure restrittive e il ritorno a una vita “normale”.

I ricercatori hanno notato alcuni elementi comuni a tutti e quattro i Paesi analizzati. Ovunque le persone più giovani e le persone con una storia di malattia mentale avevano espresso i più alti livelli di solitudine.

«La pandemia e i conseguenti lockdown dei Paesi hanno avuto un impatto importante sulla salute mentale della popolazione e alcuni sottogruppi dovrebbero essere seguiti attentamente per prevenire conseguenze negative a lungo termine. Gli individui più giovani e gli individui con una storia di malattia mentale trarrebbero beneficio da interventi di salute pubblica su misura per prevenire o contrastare gli effetti negativi della pandemia», sottolineano i ricercatori.

Gli scienziati invitano gli esperti di salute pubblica a tenere conto dei risultati del loro studio che indicano chiaramente le categorie più a rischio di sviluppare problemi di salute mentale durante la pandemia.

«Piuttosto che raccomandare interventi di salute pubblica validi per tutti, i nostri risultati suggeriscono che, dato che la pandemia continua ad evolversi, le future misure governative dovrebbero prevedere strategie mirate per specifici sottogruppi con esigenze potenzialmente diverse al fine di ridurre il rischio di gravi malattie a lungo termine», scrivono i ricercatori.

Questi interventi mirati per proteggere la salute mentale dei giovani e delle persone con un passato di disturbi psichici potrebbero essere decisi a livello internazionale dato che i problemi sembrano gli stessi in tutti i Paesi. L’obiettivo dei ricercatori era quello di identificare i gruppi che avrebbero potuto beneficiare maggiormente di interventi mirati all’inizio della pandemia e che potrebbero beneficiarne in futuro. Anche perché alcuni studi hanno suggerito che i livelli più elevati di disagio psicosociale e nevroticismo sono associati a livelli più elevati di ricoveri correlati a Covid-19. «Pertanto riteniamo che i sistemi sanitari trarrebbero vantaggio dall’identificazione di sottogruppi di individui più suscettibili all’ansia e solitudine durante le fasi di isolamento fisico dei lockdown al fine di ridurre l’impatto sui ricoveri», concludono i ricercatori.