La solitudine subita affligge invece quella scelta, appaga (A. Morandotti)

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Non è rompendo la solitudine, bensì approfondendola, che gli esseri diventano capaci di comunicare (Louis Lavelle)

Attualmente, anche a causa del frenetico ritmo della vita moderna che non agevola i contatti umani, sempre più persone si trovano a vivere quotidianamente uno stato di intensa solitudine. Essendo l’uomo, come sosteneva Aristotele, un “animale sociale“, nei casi in cui la solitudine non è una scelta volontaria, questa condizione incide molto negativamente sul nostro benessere psicologico e conduce molto spesso a vissuti di tipo depressivo.

Etimologicamente il termine solitudine rimanda alla parola “separare” composta da “se” e “parare”. La prima indica “divisone”, la seconda “parto”. Il termine solitudine rimanda alla separazione del nascituro dalla madre con la conseguente perdita di uno stato particolare. La stessa parola solitudine rammenta all’uomo la perdita che ha vissuto, in quanto ne rappresenta l’evento avvenuto.

C’è però un’importante distinzione da fare  tra “solitudine” ed “essere soli”: potremmo infatti pensare alla solitudine come a un essere soli che si è protratto nel tempo così tanto da diventare spiacevole mentre l’essere soli per scelta, prendersi un po’ di tempo per sé, non rappresenta mai un problema bensì può rappresentare una preferenza personale.

La solitudine è una condizione che la persona sente di subire e che, di conseguenza,  genera malessere e disagio.

In generale la persona che soffre di solitudine può arrivare a  sperimentare questo stato interno di disagio per svariati motivi; esistono infatti tanti tipi di solitudine: c’è la solitudine della persona che soffre di timidezza e che non osa avvicinarsi agli altri, c’è la solitudine di chi è in compagnia ma si sente comunque solo, esistono solitudini forzate, in genere imposte dalle circostanze della vita, quali la prigionia, l’handicap e la malattia, o l’abbandono di una persona cara.

Vi sono poi solitudini volute e ricercate: quelle di chi, nella quotidianità, sente il bisogno di ricercare un momento tutto suo, per recuperare le energie e per ritrovare quella parte soffocata dall’affanno della vita. A volte invece la solitudine è una fuga dalle situazioni che non si riesce a gestire.

Vi sono ancora solitudini imposte dalla società: i mezzi di comunicazione sempre più spesso invitano ad isolarsi, a “distinguersi” esprimendo modi di vita “unici” che accentuano l’individualismo. Questi messaggi possono essere pericolosi in quanto alimentano la fuga e la ricerca di un rifugio che, visto come un luogo d’opposizione all’esterno, limita la crescita e lo sviluppo dell’autonomia individuale.

La solitudine, nonostante offra all’uomo innumerevoli opportunità per maturare e divenire un soggetto autonomo, è considerata spesso una condizione spaventevole,una “malattia” da cui si deve fuggire. Ci si sente condannati a doverla vivere e si ha contemporaneamente la speranza di poter ritrovare in essa momenti di intimità.

I condizionamenti sociali sulla solitudine poi non aiutano gli individui, e generano un errore razionale  molto comune e cioè quello di confondere una condizione facilitante per una necessaria: la popolazione così crede che la ricchezza è fondamentale per essere felici, avere un partner altrettanto, fino ad arrivare alla “necessità di non essere soli”.

Si parla dunque molto della paura della solitudine, si alimenta il timore collegato a questa condizione ma  si parla poco della capacità d’essere soli.

Durante il nostro sviluppo, dall’infanzia ad oggi, abbiamo di certo tutti sperimentato, magari gradualmente, la condizione dell’essere soli. A  volte questo può essere accaduto anche in presenza dell’altro: magari molti di noi hanno sperimentato la spiacevole sensazione di sentirsi soli in casa propria, con la propria famiglia, con il partner o con il gruppo di amici. L’aver sperimentato questa condizione di certo ha provocato in noi sofferenza ma ci ha anche permesso di riconoscere i nostri sentimenti più profondi  e di esprimerli.

Esaminata in quest’ottica la solitudine  diviene quella condizione che  aiuta l’individuo ad integrare i pensieri interni con i sentimenti.

Dunque la solitudine non è solo ed esclusivamente una condizione di malessere; essa può essere una condizione di rigenerazione, di protezione e di rinascita. Per alcune persone, la solitudine garantisce loro l’equilibrio psichico ed affettivo. Grazie ad una breve fuga in uno spazio tutto nostro è possibile evitare un leggero stato di depressione e magari, perché no, investire in creatività, dedicarsi a ciò che si ama di più e che si vuole portare avanti. La capacità di starsene soli in una condizione di benessere è data dall’ acquisizione stessa della maturità psicologica, l’auto-realizzazione personale; al contrario l’incapacità di stare almeno qualche ora della giornata da soli, la dipendenza dalla presenza degli altri, può essere, quella sì, la spia di qualche malessere interiore, di qualche inadeguatezza personale.

Sarebbe quindi opportuno che ogni persona trovi il giusto equilibrio sia nei rapporti con gli altri che con se stessa, attraverso la coltivazione del proprio benessere interiore che molto spesso viene sottovalutato.

Non ci si vuole sentire soli ma sempre di più si sceglie in questa nostra società di vivere da soli. Questa contraddizione è spiegata dalla grande paura del contatto, dalla paura di sentire e di entrare in contatto con la parte più profonda di noi stessi; per non incontrare la propria solitudine, per non conoscere i propri vuoti, spesso ci si rifugia in situazioni di dipendenza che ancora di più svuotano di valore la vita (si pensi alle trappole legate a cibo, alcool, farmaci, sigarette, gioco e shopping compulsivo, lavoro in eccesso).

E dunque la questione non è tanto quella di rifuggire la solitudine che a volte prescinde dall’essere in compagnia di un altro, bensì quella di riflettere sull’importanza di trovare il tempo per “essere soli” senza scappare da noi stessi.

E’ dunque sempre più necessario rieducare le persone alla solitudine interpretandola come un prezioso  strumento che permette sia di realizzare un vero incontro con la parte più profonda di se stessi, sia come elemento necessario e preparatorio al comunicare con gli altri.

Fonte: Psicologo in famiglia  A cura della Dott.ssa Francesca Saccà, psicologa a Roma