Meglio soli che male accompagnati. Singleton: “soli per scelta”

Betty Balzano

” Non c’è solitudine peggiore di quella che si vive stando in coppia
Singleton, in inglese, non equivale semplicemente alla parola “sola”, ma a molto di più: ad una scelta di vita, ad un modus vivendi ed operandi, a prescindere dall’avere o meno un partner.
È un fenomeno demografico in crescente aumento, trattasi di donne che decidono di vivere da sole pur appartenendo ad una coppia.
Quale significato cela questa moda/necessità?

  • Elisir di lunga vita per la coppia longeva?
  • Paura dell’intimità?
  • Individualismo?
  • Fame d’aria?
  • Paura?
  • Egoismo?
  • Semplicemente scelta di vita?

Vantaggi e svantaggi
Quando pensiamo ad un uomo o ad una donna sola, magari non più giovanissimi, li immaginiamo tristi, abbandonati e provati dalla vita.
In realtà non è sempre così.
Si può anche essere “single” per scelta, così come si può appartenere – felicemente – ad una coppia, ma decidere di vivere da soli.

  • Paradosso o strategia?

Vivere da soli spalanca le porte verso la propria intimità.
Uno spazio mentale e fisico da concimare come si desidera: libri, amicizie, televisione e “regole soggettive” in funzione del proprio sentire, del proprio bioritmo e del più segreto volere.

Il docente di sociologia dell’Università di New York prof. Eric Klinenberg, nel suo libro “Going solo“, descrive il nuovo fenomeno delle singleton: “sole per scelta”.

Donne di spessore e di successo, come per esempio attrici o professioniste, decidono di vivere i nuovi amori con intensità, ma all’insegna di nuove regole che, ovviamente, non prevedono la convivenza sotto lo stesso tetto, ma una casa tutta per se.
Non trattasi di donne sedotte ed abbandonate, sole ed ansiose, nevrotiche o vagamente depresse, o spaventate dell’amore e dalle possibili delusioni, ma trattasi di donne autonome che, pur amando, non desiderano rinunciare alla loro indipendenza che, a quanto pare, amano di più del partner.

Un tempo ritrovato
In America ed in altri paesi dell’Europa, una donna che va a cena o al cinema da sola, non desta alcun sospetto, né evoca sentimenti di pietà o di solitudine, in Italia, l’occhio sociale obbliga soprattutto la donna – non sempre, per fortuna – a cenare in compagnia; se è quella di un cavaliere è sicuramente più rassicurante e meno inquietante.

  • Una donna sola?

Poverina, sarà la solita – famigerata – zitella, avrà un cattivo carattere, sarà stata tradita ed abbandonata, ed ancora, non avrà più l’età per trovare un compagno.

Questi ed altri pensieri disfunzionali, solitamente, accompagnano la visione di una donna che, per scelta, decide di abitare da sola.

Solitudine e coppia
Quando parliamo di solitudine, la immaginiamo come una condanna, come un triste destino, come una scelta subita, più che voluta.
Sembra inoltre che, solitudine e vita di coppia, siano l’uno il contro altare dell’altro, o meglio il diavolo e l’acqua santa.
La coppia ben assortita però, dovrebbe abitare le stanze del piacere, non del bisogno dell’altro.
Vivere anche senza l’altro – con il partner nel cuore e non obbligatoriamente sullo stesso divano – essere autonomi in amore e nella vita, obbliga ad aver attraversato le lande della propria solitudine, avere arricchito e concimato il proprio mondo interiore, ed essere davvero in grado di apprezzare l’altro senza averne bisogno.

L’altro è ben altro da noi.

La reciprocità e lo scambio, unitamente alla dimensione del piacere ed all’indipendenza, dovrebbero essere gli ingredienti per una ricetta – quasi perfetta – per costruire una coppia longeva.

La dipendenza d’amore, così come la fame d’amore, unitamente alla tendenza comune ad anelare alla ricerca della classica “mezza mela di Platoniana memoria“, sono elementi destabilizzanti ed ansiogeni al fine della stabilità di coppia.

La coppia è il frutto di due entità, non di due metà.

Coppia e stampella

Quante volte abbiamo sentito dire:

  • “In due è meglio…”
  • “Soli non si sta bene nemmeno in paradiso..”
  • “La mia mezza mela…”
  • “La mia metà…”
  • “Senza di lui/lei, mi sento vuoto…”

Stare in coppia equivale ad avere in cambio un sostegno psicologico gratuito?
La coppia non è una stampella; la coppia è davvero un’altra cosa, molto diversa dalla mera, e riduttiva, funzione di stampella.

La coppia è l’incontro tra due universi – sempre se ognuno di loro lo abbia davvero costruito il “proprio” universo – l’incontro e lo scontro, lo scambio e la circolarità tra istanze, tra emozioni e mondi cognitivi, valoriali ed educativi.

Il primo passo per poter stare in coppia serenamente, contribuendo al valore della coppia stessa, è avere risolto le proprie problematiche psichiche ed essersi messi davvero in cammino verso se stessi.
Quando si incontra l’altro nel bosco delle proprie paure – non risolte – solitamente, si viene fagocitati da amori folli, letali, ossessivi e morbosi.

Conclusioni
Vivere in coppia non esclude la presenza di un reciproco spazio.
Spazio, talvolta anche abitativo, che non dovrebbe essere visto e vissuto come una minaccia alla stabilità della coppia, ma come una vera e propria opportunità, a seconda delle necessità dei protagonisti di quell’Amore.
Noi tutti siamo abituati ad attribuire a parole come “silenzio” e “solitudine” un significato di malinconia, con una connotazione negativa e punitiva.

In realtà non è sempre così.

 

  • “La solitudine può essere una tremenda condanna o una meravigliosa conquista”, come scriveva Bernardo Bertolucci.

 

Bibliografia:

  • ed E. Morpurgo, “La Solitudine” Franco Angeli, 1995
  • Freud, “Lutto e melanconia”. Boringhieri
  • Kohut “La ricerca del sé” Boringhieri, 1982
  • M. Quindoz “Lo solitudine addomesticata” Borla 1992
  • Winnicott, “La capacità di stare soli” 1957
  • Klein Melanie, “Sul senso di solitudine”
  • Francoise Dolto, “Solitudine felice”, Mondadori 1996
  • Carl R. Rogers, “I gruppi di incontro” Astrolabio 1976
  • Paolo Crepet, “Solitudini. Memorie di assenze” Feltrinelli 1997
    Anthony Storr, “Solitudine: il ritorno a se stessi” Mondador