Psicologi lanciano allarme solitudine “adolescenti”

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Roma, 20 nov.’04 – Ieri tre vite spezzate. Tre giovani hanno detto ‘no’ alla vita. Due ragazzi, un 20enne e una ragazza di 19 anni, si sono buttati in serata sotto i binari di un treno sulla linea Firenze – Pisa all’altezza della stazione di Frigedi. E una ragazzina ha lanciato un sms agli amici, prima di buttarsi dal settimo piano della sua casa a Segrate, a Milano, il giorno prima del suo quindicesimo compleanno. Episodi agghiaccianti, che aprono uno spaccato sull’universo giovanile ricco di luci e ombre.

Un rifiuto alla vita che molti, tra psicologi ed esperti del “pianeta giovani”, motivano con la solitudine. Il disagio si accompagna all’adolescenza, ma è la solitudine, in soggetti più fragili, la molla che fa scattare il gesto. 

Adolescenti soli faccia a faccia con il disagio. ”L’adolescenza è già di per sé una fase difficile per un ragazzo, ma quando e’ lasciato solo, può avere delle conseguenze estreme; i ragazzi lanciano messaggi ma non vengono accolti, evidentemente -continua –Se viene sottovalutato il loro disagio, i ragazzi si abbandonano alla solitudine, che li soffoca”. 

Per la psicoterapeuta ci vogliono “meno chiacchiere e più competenza, a scuola e nel territorio”. ”Mancano le figure di riferimento -sottolinea -la scuola e la famiglia, e chi governa -sottolinea la Parsi – deve pensare a formare e potenziare sia le figure già esistenti, ma anche a proporne delle nuove, più adatte a veicolare il bombardamento di stimoli della società in cui viviamo”.

Tra le nuove figure, ci sono per la psicoterapeuta, “mediatori, anzi -sottolinea –“psicoanimatori” che indirizzino i ragazzi ad usare nel modo migliore le potenzialità di cui sono ricchi”.

 “La loro creatività innanzitutto, -sottolinea –Più che rimanere passivi davanti a tv e internet, i ragazzi hanno bisogno di essere ‘attivi’, darsi al teatro, per esempio, ed diventare ‘soggetti’ di cultura”

Rivalutare il ruolo del ‘nonno’, l’anziano sa dare tranquillità e infondere saggezza Maria Rita Parsi non trascura il ruolo delle figure tradizionali, “che devono essere recuperate -sottolinea – perché la loro esperienza e’ fondamentale per questi ragazzi per essere sereni”. “Il ruolo dei nonni e’ importantissimo -sottolinea -Non solo le nuove generazioni devono incontrarsi con le passate per creare dei progetti -continua -ma gli anziani sanno dare ai giovani tranquillità e infondere saggezza”.

“Malgrado viviamo in una societa’ mediatica, oggi c’e’ una grande difficoltà a comunicare”.

Per lo psicologo Paolo Crepet, “i casi di suicidio sono legati alle storie dei ragazzi che si nascondono dietro il singolo gesto, ma il disagio serpeggia tra i giovani”. “Capita sempre più spesso che i genitori non sappiano che amicizie frequentino i figli, e come passino il tempo fuori di casa”. “Manca il dialogo -sottolinea -un paradosso nella società dei media, ma -precisa -la contraddizione e’ solo apparente perché sono gli stessi mezzi di comunicazione, come internet e televisione, a isolare i ragazzi dalla realtà”.

“Nella fase dell’adolescenza e’ forte il problema dell’identità -continua Crepet-, ognuno di noi verso i 15 o 16 anni si e’ trovato faccia a faccia con questo vuoto, e -spiega -se non c’e’ nessuno a parlarne il ragazzo, se particolarmente fragile, può arrivare a tentativi estremi”.

– Ed i genitori? “Non sono in grado di competere con le figure mediatiche -replica Cicogna -perché i ragazzi prestano maggiore attenzione ai protagonisti del tubo catodico”. “La famiglia, da sola, non ha le armi necessarie per contrastare questo fenomeno e difficilmente può essere davvero accanto ad un ragazzo”.

“Vorrei sottolineare -continua Cicogna -un dato che e’ emerso dalla pubblicazione del rapporto “Telefono azzurro-Eurispes”, ossia quello legato alle attese giovanili, che dicono di volere una famiglia, una proposta legittima, ma che in una società che ormai ha come fulcro i comportamenti mediatici, e’ vana”.

“Il suicidio giovanile e’ diffuso ed e’ spia dell’enorme disagio che soffrono”. Per il presidente di Telefono Azzurro, Ernesto Caffo, “l’aumento di questi momenti autodistruttivi e’ causato, da una parte dall’assenza della famiglia, ridotta in molti casi ad un semplice alloggio -e continua – dall’altra, al fatto che il mondo scolastico non e’ all’altezza di soddisfare i loro bisogni”.

“Problema centrale e’ la solitudine -sottolinea Caffo – in anche segrandi raduni e discoteche, i ragazzi si sentono soli”. “Lanciano messaggi nello spazio, e difficilmente i ragazzi riescono a parlare davvero con una persona, e per questo -conclude -si sentono soli e senza sostegno”.

Fonte: Adnkronos