Quattro modi di sentirsi soli

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Spesso ci si sente abbandonati anche se gli amici non mancano. Perché la solitudine è uno stato d’animo che può essere indotto non solo dalla mancanza di affetti, ma anche da moltissime altre variabili

In coppia

L’altro c’è, eppure ti senti sola/o. Come è possibile? Chi sta in coppia, chi ha una persona da amare e da cui essere amata, non è forse al riparo dalla solitudine? “Quando l’unione è in crisi, uno dei due può sperimentare la solitudine matrimoniale, particolarmente profonda e disperata” spiega Maria Miceli. “Sentirsi soli quando si vive insieme la quotidianità, si condividono spazi e progetti, è ben più angosciante di quello che accade al single: anche lui può vivere questa condizione, ma spesso ha scelto di non avere nessuno al proprio fianco” spiega Gianna Schelotto, psicoterapeuta della coppia. “Quando si è sposati o si convive, invece, ci si aspetta che, grazie al dialogo e all’intimità, il compagno capisca, confidi le sue emozioni, ascolti e cerchi con il partner una via d’uscita nelle difficoltà. Quando questo non succede subentra la sensazione di avere fallito. E la sconfitta è molto difficile da accettare

I segnali della solitudine a due

Cerchi conforto e trovi indifferenza; lanci messaggi che non vengono colti; avverti l’altro distante e poco disponibile al dialogo.
A te stessa, o agli amici, dici: “Non mi posso rivolgere a lui/lei quando ho bisogno di aiuto” (cioè di conforto o di un consiglio);”Lui/lei non mi conosce veramente”;”Mi sento escluso dalla sua vita”;”Non mi parla più”.

Come spezzare l’isolamento

“In genere, per mancanza di coraggio, c’è una resistenza al cambiamento” spiega Gianna Schelotto. “Per paura di trovarsi ancora più soli, o di ricominciare da capo, si prolunga una relazione da cui converrebbe uscire”. Esiste, però, un’altra soluzione: “In attesa di prendere decisioni più radicali, e quindi più coraggiose, bisogna ritrovare un po’ di autonomia. Perché più si è capaci di stare soli, meno si è soli”. Non aspettare che sia l’altro a prendere l’iniziativa di uscire o di fare dei progetti insieme. Non serve nemmeno incolparlo continuamente per le aspettative deluse. Devi, invece, concentrarti su te stessa, poi agire e muoverti da sola. E riprendere confidenza con le tue risorse. “Se si comincia a coltivarle” continua Gianna Schelotto “sarà più facile aprirsi a nuove amicizie e a nuovi incontri. Una rete di contatti che non faranno sentire sola la persona quando dovrà prendere la decisione più importante: se rinegoziare il rapporto con il partner o chiuderlo definitivamente”.

Da single

Il vero single, secondo il modello nato negli ultimi anni, è una persona che ama e ha voglia di stare sola. Ma è proprio così? “Essere single e stare bene non è per nulla scontato” spiega Raffaele Morelli. “Ci sono persone che si sono ritrovate a esserlo senza volerlo o che usano la patente di single quasi come una maschera per nascondere la difficoltà o la paura di vivereuna relazione. È un peccato, perché la “singolitudine” può essere un periodo fondamentale, breve o anche “a vita”, di soddisfazione e di trasformazione”. Ci sono, infatti, esperienze che si possono fare solo senza un legame stabile: notti fuori casa, viaggi improvvisi, cambi di programma. Si impara a sentirsi vivi anche se non c’è qualcuno da amare. E questo dà una grande sicurezza, utilissima per una futura (se si decide) vita di coppia.

I segnali di un single infelice

– Fai confronti fra la tua situazione e quella di chi è in coppia.

– Percepisci gli altri come una ragione di vita, una compensazione di qualcosa che ti manca.

– Cerchi a tutti i costi un partner, perché in assenza di un rapporto ti senti una nullità.

– Vivi la tua condizione come un’opportunità mancata, un desiderio inappagato, una possibilità non realizzata.

Che cosa puoi fare per essere un single felice

Ecco i consigli di Daniela Marafante, medico e psicoterapeuta.
– Prenditi il tuo tempo e non avere fretta. Vedere una coppia felice non deve condizionarti. La tua solitudine può essere un momento transitorio e una risorsa per definire meglio la tua identità, in attesa di confrontarla con un partner.

– Non evitare, quando capita, una relazione. Lasciati andare senza pensare che l’incontro debba trasformarsi subito in un rapporto duraturo. Questo ti permetterà di imparare a metterti in gioco, di godere di piccole cose quotidiane senza lo spettro di un impegno a lungo termine.

– Cerca di essere indipendente dalla tua famiglia. È rassicurante vivere in casa o mantenere rapporti stretti e abitudinari con i genitori. Fa sentire meno soli, ma si paga un prezzo: i genitori proiettano su di te delle aspettative o ti costringono a mettere in discussione continuamente le tue scelte.

Durante l’adolescenza

Negli ultimi 20 anni, in Italia, gli adolescenti che si rivolgono a uno specialista per problemi di depressione, solitudine e ansia sono raddoppiati. “Purtroppo il modello dominante è quello del figlio con molti amici e tante attività extrascolastiche” spiega Gustavo Pietropolli Charmet, psicoterapeuta specializzato in adolescenti. “Guai se è invisibile, cioè nessuno lo cerca o sembra avere poche amicizie. In realtà, un ragazzo solitario, che frequenta i compagni di scuola solo per giocare a calcio, ma senza stringere contatti profondi, può anche essere soddisfatto così”. Quello che bisogna capire è se la solitudine è voluta oppure causata da un insuccesso, una difficoltà. E, in quel caso, intervenire.

I segnali di un ragazzo in difficoltà

– I ragazzi sono pienamente consapevoli quando la loro solitudine non è scelta, e in genere manifestano il disagio in maniera evidente. Magari dicendo che si sentono inutili, incompresi e sfortunati.

– Oppure costruiscono delle teorie che poi diventano sintomi. Per esempio, se si vedono grassi, smettono di mangiare sino ad arrivare al paradosso dell’anoressia. O, se si trovano brutti, si chiudono in casa.

Come puoi aiutarlo

Per dargli una mano è essenziale saperlo ascoltare. E lasciarlo crescere. L’adolescenza è la fase in cui i figli separano dai genitori, è il momento in cui padre e madre perdono progressivamente il loro ruolo centrale: per questo è inutile cercare di mantenere la posizione con divieti eccessivi. È un errore anche esprimere il desiderio che i figli non si stacchino mai da mamma e papà. Un ragazzino, infatti, può essere solitario perché, inconsciamente, pensa di stare così vicino ai genitori e di farli contenti.

Di Anna Scarano e Anna Tagliacarte

Da Dossier di Donna Moderna 27.10.2003