Chi ha paura dei legami? Emozioni – Dell’amore e altri legami

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Chi ha paura dei legami? Gli uomini, le donne, tutti. E chi è che dice sempre: legami? Gli uomini, le donne, tutti.

Non ci sarebbe mondo, se mancassero questi fili sottili, questi patti segreti che uniscono tra di loro gli esseri umani. Siano essi amanti, fidanzati, amici, nemici, stranieri, vicini, genitori e figli.

E i legami sono, e saranno, importanti anche nel futuro ipertecnologico..

Legami d’amore, d’amicizia, di solidarietà o magari d’odio. Legami diabolici, contraddittori, ambigui, pericolosi. Legami di complicità, di alleanza, nati dalla consuetudine o da bruciante passione. Legami ipocriti, destabilizzanti, crudeli. Legami che fortificano, esaltano, completano. Legami di partito, di fede, di omertà. Legami scandalosi, di sottomissione, di sopraffazione. Legami imbecilli, noiosi, esaltanti, oltraggiosi. Legami sentimentali, melodrammatici, paradossali, lievi. Legami per gioco, legami per sempre. Legami di sangue. Fili sottili e tenaci, spesso segreti a volte ostentati che intessono le trame delle vite degli uomini e delle donne. Ma senza i quali il mondo non esisterebbe. “Mi interessava riuscire in fotografia a cogliere quella specie di legami invisibili che avvincono gli esseri umani”, dice Toni Thorimbert, il fotografo che ha cercato in questa intensa sequenza di cogliere e fissare su carta da stampa un sentimento. O meglio ancora il mistero di un vincolo, di un sentire, di un’emozione. “Nella mia idea c’era una maniera di fotografare che non fosse più la teatralizzazione dei tratti somatici o della superficialità di certe immagini da status; mi interessava entrare in una comunicazione empatica e non giudicante con i soggetti, una comunicazione dove loro potessero essere ancora liberi di esprimere i sentimenti. Ho cercato di imprigionare il tempo e l’ambiguità di un momento. Di fare della macchina fotografica non qualcosa che cattura ma un imbuto in grado di accogliere”. Ed è forse questo il soffio creatore dell’artista. Che, consapevolmente o meno, lo porta sulla scia del pensiero femminista più moderno e audace – dalla epistemologa Evelyn Fox Keller alla psicanalista Jessica Benjamin – a quell’entrare in sintonia con l’oggetto guardato che supera i rapporti di dominio, di confini, di genere persino. Che travalica il conflitto, la competizione e scopre le capacità relazionali che permettono di incorporare l’altro e di non espellerlo. Confrontarsi nel 2000 ma intanto qual’è la natura dei vincoli interpersonali in prossimità del 2000 per noi, uomini e donne, a cui è toccato di vivere la post-modernità? Lo abbiamo chiesto allo psicanalista Aldo Carotenuto. “Tra donne l’oggetto principale del discorso sono le emozioni, tra uomini a caratterizzare la comunicazione è il pudore. La differenza origina dalla diversa educazione alla manifestazione del sentimento: legittima per le bambine, non per i maschietti. E c’è una ragione più profonda. Ai bambini non è concesso, pena una mancata differenziazione psicologica, permanere a lungo nell’abbraccio fusionale con la madre. Questa rottura del legame empatico inciderà sulla vita di relazione”. Legame deriva dal verbo latino “ligare”: legare, immobilizzare, imprigionare. Insomma possedere, dominare. “Non c’è legame in cui, più o meno velatamente, non circolino componenti di potere e d’ombra, forme di collusione, alleanze inconsce tra componenti sadomasochiste dell’uno e dell’altro”. Abbiamo più paura dei legami o della solitudine? “Un rapporto è più impegnativo e destabilizzante del solitario confronto con se stessi. Per questo oggi più che della solitudine si ha timore del confronto, e ci si affida a rapporti sempre più superficiali e mercificati, dove svalutando l’altro attutiamo anche la sua capacità di toccarci, travolgerci, condurci altrove. Ma un legame maturo è altra cosa, presuppone la capacità di donarsi al rapporto, di esporsi cioè a che l’altro ci trasformi”. Una volta a stipulare l’unione eterna del maschio e della femmina c’era il matrimonio… “… oggi viviamo in una società che richiede ai suoi membri una grande mobilità sociale: noi non ce ne rendiamo conto, ma la condizione di single è quella più vantaggiosa per il mercato. Un essere solitario, senza vincoli stabili, senza radici, con la possibilità di muoversi, cambiare territorio è il perfetto lavoratore. Per questo oggi uomini e donne inventano nuove forme di appartenenza, ridiscutono se è il caso di convivere o meno, di fare figli, cercano di adattare sentimento e complessità”. Il futuro sarà senza legami? “Non saprei, ma se così fosse sarebbe un “deserto popolato di presenze mute””. Frammenti di un discorso amoroso Magari c’è ancora qualche uomo che, come Vittorio Sgarbi, parla di erotismo come il bel visconte di Valmont delle Liaisons dangereuses. Un uomo per il quale la conquista dei favori di una donna è impresa bellicosa e guerriera, dominio psichico, turbamento psicologico, il risultato di un “attacco” portato a quel corpo altro e diverso che è il corpo femminile conquistato “con abili manovre dopo ardua campagna”. Ma oltre la retorica del conflitto o la metafisica della conquista resta l’enigma della seduzione, quello scarto impalpabile che unisce e separa l’amante e l’amato soprattutto se si tratta di un uomo e una donna. Per Ippolita Avalli, scrittrice, “l’uomo si eccita guardando una donna; una donna si eccita di questa possibilità di essere guardata e di restituire lo sguardo. L’erotismo è uno sguardo consapevole, uno sguardo che sa di guardare, che lo accoglie”. Ed eros e amore hanno nature distinte, che vivono sotto il segno della contraddizione. “Per me”, ribadisce Avalli, “l’erotismo crea qualcosa che prima non c’era, lo fa vivere, lo rende reale. La sua qualità è essere bruciante, è quella dell’elio, del sole, e dunque non può durare; più è forte e prima si estingue. L’amore è una donazione, un sentimento di compassione, un condividere. Può essere l’amore per un cane, per un figlio, per un marito e non passare sotto l’impero di eros. L’amore è costruttivo, va ammonticchiando ogni giorno qualcosa; una scorta da usare nei momenti di infelicità della vita. Eros invece è creativo e distruttivo. Porta sulla soglia della morte intendendo per morte l’estasi suprema, il dissolvimento. Ma che vita e che fatica sarebbe, tutti i giorni ad ammonticchiare qualcosa!”. Sorrisi e canti, sospiri e pianti rammenta uno stornello fiorentino, “l’amor comincia con sorrisi e canti e poi finisce con sospiri e pianti” e allora viene da chiedersi se non si potrebbe vivere senza legami così densi e pericolosi. Uomini e donne liberi in un libero mondo. “Sarebbe la morte della civiltà”, sostiene Cecilia Gatto Trocchi, docente a Perugia di antropologia culturale. “La nostra specie non è né veloce come i giaguari, né agile come le scimmie; è una specie indifferenziata che ha saputo sopravvivere perché è stata capace di consorziarsi in gruppi organizzati, coesi grazie alla alleanza matrimoniale, vera e propria salvezza del genere umano”. Quali i legami originari? “Quelli di sangue, naturalmente, ma subito dopo sono arrivati quelli di affinità derivanti dallo scambio matrimoniale e infine i legami sociali. Quelli che nascono dentro le mura della polis greca e della civitas romana. Dopo vengono quelli spirituali, mutuati da quelli di sangue. Non a caso parlando di amicizia si dice: amici fraterni. Nascono nel medioevo con l’ideale cavalleresco per cui i solidales sono più che parenti. Ora stiamo avvicinandoci a una società in cui si privilegiano le libere scelte. Per me inizia da lì la decadenza. È col medioevo che ha inizio il processo di individualizzazione, che evolverà con l’illuminismo nella questione cruciale dell’autonomia dell’individuo libero di scegliere senza tener conto dei legami. Questo fatto spinto alle estreme conseguenze è debilitante perché porta, alla fine, a ritrovarci soli, a vagare nel nulla. E allora ecco la nascita di legami fittizi, freddi e mercificati, questa sorta di medicalizzazione della società dove se uno non riesce a fare l’amore va dal sessuologo, se ha il mal di vivere va dallo psicanalista e per arraparsi deve andare con una meretrice. Per questo sarà l’occidente a soccombere all’Islam. Non con una guerra, ma perché fanno più figli. Per far piacere ai bisnonni che non vogliono che il loro sangue si estingua. “Sangue chiama sangue” dicono, e loro fanno bambini per onorare i morti. Da noi tutto questo è sparito, come Dio”. Anche il legame con Dio è stato reciso? “Con furibonda violenza. E sa perché? Perché la gente non vuole norme e una delle espressioni del legame con Dio è il decalogo. Anche se poi non è così, dice infatti il profeta Isaia: Signore io ti amo, questo è il legame con te”. Sarà pure importante rivalutare il matrimonio e la sua indissolubilità ma a volte questi sono legami che uccidono. Più spesso le donne che gli uomini. Come Bess, eroina tragica di una storia scritta da un uomo in polemica con il suo Dio e la sua religione, il regista Lars Von Trier che magistralmente ha diretto un film bello e vampiresco: Le onde del destino. Storia di un matrimonio, appunto, quello di Bess vergine ingenua di fede protestante e Jan operaio su una piattaforma petrolifera. Un grande amore che l’incidente sul lavoro che paralizza Jan tramuta in un martirio. Perché Bess lo curerà con assoluta dedizione sino ad obbedire a una richiesta diabolica: far rivivere la loro passione attraverso il racconto dei suoi incontri sessuali con altri uomini. Jan insomma le chiede in cambio della sua guarigione la vita. Lei la darà come il Messia sulla croce, anche se lei al Golgota ci sale in bicicletta vestita in minigonna e calza a rete e la sua croce è una nave piena di uomini lascivi e brutali. Ma forse è perché sono nordici afflitti da ombre troppo lunghe. Meglio, molto meglio Un posto al sole. È questo il nome della serial story ambientata tutta in Italia, a Napoli precisamente, le cui primissime puntate sono andate in onda su RaiTre alla fine di ottobre. “Odio e amore sono le tracce, i legami di cuore che muovono tutta la storia”, dicono Gabriella Mangia e Magda Monti, due dei quindici dialoghisti italiani che faranno vivere i protagonisti per le 230 puntate previste. Un teleromanzo ideato in Australia e condito di emozioni tutte partenopee. Quali? “Saranno diversi da quelli di Dallas o di Beautiful perché qui non ci sono né petrolieri né dollari. Perché riguarda la nostra società, più percorsa da temi sociali. Sarà la ricerca del “posto al sole”, della sicurezza affettiva e professionale, di storie di amore vere e profonde”. E ci saranno personaggi che muoiono per esigenze di copione? “Certo, un po’ di cinismo ci deve essere. Se il personaggio non piace, muore, si sacrifica alla realtà”. Affetti o effetti speciali a volte invece è la realtà a sacrificarsi alla finzione. Come su un set cinematografico. “Il rapporto con l’attore è sempre di forza, di potere, e anche maieutico perché lo si conduce a far nascere un personaggio. È una tensione continua perché il set è la culla dove deve nascere qualcosa”, dice la regista Gabriella Rosaleva. “Se questo non accade non può venir fuori niente di buono. Io voglio che il mio set sia come una sala chirurgica, quando si inizia voglio i miei assistenti attorno, il mio malato che è l’attore pronto, e addirittura spesso lo voglio inconsapevole come il malato. Ricordo che di Daniela Morelli, l’attrice che interpretava la strega Caterina Ross nell’omonimo film, mi piaceva soprattutto il lato nervoso del carattere, perfetto per la parte che doveva recitare. Lei voleva ad ogni costo provare la parte ma io cercavo sempre di rimandare. E lei si agitava sempre più. Era quello che volevo, la volevo insicura davanti alla macchina da presa. La chiave potente di questo personaggio era mettere la mia attrice, questa donna angosciata, in allarme, inquieta con le spalle al muro e, davanti a sé, l’ombra dell’Inquisitore”. Legami potenti, di potere. Che servono per costruire un personaggio o una carriera. Come quelli che si stipulano in un rapporto di lavoro. “Io compro e vendo uomini” dichiara Maurizia Villa, 41 anni, cacciatrice di teste della Heidrick & Struggles, una società che cerca top management ad alta professionalità per aziende del settore finanziario. “È un rapporto in cui l’aspetto psicologico è determinante e il potere va esercitato con discrezione sapendo che deve essere piegato alla necessità di mediare tra l’interesse del cliente e quello del candidato, perché quello che si deve concludere è un matrimonio di successo col gradimento pieno di entrambi. Capace insomma di creare posizioni di credito anche nei confronti del candidato che potrebbe poi diventare un potenziale cliente”. Il primo e l’ultimo. Il legame più importante, il più difficile forse, certamente il più intimo, è quello con il proprio sé, con la propria ombra, con la parte maschile e femminile che c’è in ciascuno di noi, con la personalità individuale e con l’inconscio collettivo, sostiene lo psicanalista Claudio Risè in Diventa te stesso (Red edizioni). “Nel senso che bisogna trovarlo, il proprio sé. Sapere qual è, sapere cosa vuole da te, cosa ti dice, dove ti porta. E una volta trovato bisogna essergli fedele, non tradirlo, non venderlo per un piatto di lenticchie. Non cadere insomma in una politica di opportunismo o di interesse”. Quando questo incontro si smarrisce la pena è la perdita del senso della vita. “Allora la persona diventa disastrosamente avida, carrierista, spregiudicata. Si rompe l’equilibrio psichico, questo asse tra la coscienza e il suo centro più profondo”. Una scoperta che oggi richiede il recupero delle appartenenze ancestrali, organiche, naturali, di genere, dei legami con la terra. E perché allora questa ricerca genuina di vincoli originari porta a così tante guerre? “Perché il sé ha una forza enorme, che si manifesta a ogni costo, e se ci si ostina a negarlo fa la guerra. Non a caso tutti i conflitti in atto sono di appartenenza: etnici, religiosi, di razza, di genere”. Ma perché, invece di confliggere, non dialogare, indagare la scissione che separa i soggetti, scoprire, come esorta a fare la scrittrice Grazia Livi in Vincoli segreti, i legami misteriosi che corrono tra gli esseri umani? Parlarne con lucidità oltre l’ostinazione, la fragilità, la solitudine? e, infine, non averne più paura?

Rosella Simone.- Da La repubblica delle donne http://dweb.repubblica.it/dweb/1996/11/05/attualita/emozioni/082leg2482….