La solitudine delle giovani mamme

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Occuparsi di neonati e bambini non è un lavoro per una persona singola.

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Se il lavoro deve essere fatto bene e se si vuole che la persona che primariamente si occupa del bambino non sia troppo esausta, chi fornisce le cure deve a sua volta ricevere molta assistenza. Varie persone potranno offrire questo aiuto: in genere è l’altro genitore; in molte società, compresa la nostra, l’aiuto proviene da una nonna. Altri che possono essere coinvolti nell’assistenza sono le ragazze adolescenti e le giovani donne. Nella maggior parte delle società di tutto il mondo questi fatti sono dati per scontati e la società si è organizzata di conseguenza. Paradossalmente ci sono volute le società più ricche del mondo per ignorare questi fatti fondamentali. Le forze dell’uomo e della donna impegnati nella produzione dei beni materiali contano come attivo in tutti i nostri indici economici. Le forze dell’uomo e della donna dedicate alla produzione, nella propria casa, di bambini sani, felici e fiduciosi in se stessi non contano affatto. Abbiamo creato un mondo a rovescio.
J. Bowlby. “Una base sicura“. Cortina, Milano, 1989

 

“Occuparsi di neonati e bambini non è un lavoro per una persona singola…”. Paradossalmente ci sono volute le società più ricche del mondo per ignorare questi fatti fondamentali. Non trova che la solitudine che circonda le mamme oggi denoti un’involuzione della società?

Questa frase di Bowlby è una citazione che metto in tutti i miei libri e che metterò anche nel prossimo dal momento che mi sembra una frase centrale anche nell’ottica della prevenzione o dell’attenuazione del disagio psicologico nei bambini.

C’è un maggiore o minore benessere delle mamme nel momento in cui un bambino nasce e credo che oggi ci sia una grandissima solitudine nella coppia mamma-bambino: questo sicuramente non fa bene né alla mamma né al bambino. Bowlby diceva che tutte le società di questo mondo avevano sempre dato per scontato il fatto che occuparsi di bambini non fosse compito per un persona sola e si erano organizzate di conseguenza. Perché quando una giovane donna ha un bambino vive una regressione naturale che la porta quasi ad essere bambina e questo le permette di entrare meglio in sintonia con i bisogni di un bambino piccolo. Questo è l’aspetto positivo. Il rovescio della medaglia è che la mamma diventa fragile come una bambina ed è per questo che ha bisogno di un grosso sostegno. Un sostegno che deve essere dato alla coppia mamma-bambino.

La solitudine delle giovani mamme è dunque tra i determinanti di uno stato di malessere nel rapporto madre-figlio: dalla depressione post-partum ai disagi infantili …
Questo del sostegno alla solitudine è un terreno d’oro di intervento oggi perché la nostra società sta un po’ perdendo questa caratteristica. Oggi si parla tanto di preparazione al parto, di corsi di visite ginecologiche di controllo, con una medicalizzazione a volte spinta all’eccesso e a mio parere non si spendono abbastanza parole, invece, su questo semplice aspetto del vivere quotidiano, che è così importante. Me lo hanno insegnato anni di pratica in consultorio e con i gruppi di genitori, e me l’ha ribadito e rinforzato qualche piccolo gruppo di ricerca che ho fatto in questi ultimi anni sulla depressione post-partum. Vorrei perciò spezzare una lancia a favore delle giovani madri e della loro solitudine in questo contesto storico.

Sempre a proposito di coppia, ma nel senso di genitori, l’evento nascita è un momento di ridefinizione degli equilibri. Cosa significa questo passaggio? 

Questo è uno dei tre grossi passaggi della vita. I tre grossi cambiamenti nel corso della vita di un individuo sono l’adolescenza (il bambino che si ritrova a disagio nel corpo di un adulto), il diventare genitore e la crisi di passaggio alla terza età. Tre crisi fondamentali, importanti perché viene completamente interrotta la continuità e quindi deve essere riformulato un equilibrio nuovo. La coppia che non aveva figli, che era abituata a disporre di tutto il suo tempo e che non si confrontava con tutta una serie di piccoli problemi nuovi, quando nasce un bambino, e soprattutto il primo, deve impacchettare il vecchio equilibrio e metterlo in un cassetto. Nello stesso tempo però non si ha a disposizione un equilibrio nuovo già pronto, ma se ne deve ricostruire uno, piano piano, giorno dopo giorno. È in questa fase di transizione tra un equilibrio vecchio e uno nuovo, tutto da costruire in funzione della nuova situazione, che si sperimenta una serie di emozioni faticose: il confrontarsi continuamente con il nuovo senza avere un’esperienza alle spalle che permetta di sapere come comportarsi.

Come affrontare questo passaggio?

La coppia che non ha avuto figli deve ritrovare un equilibrio su due terreni: uno è quello dell’essere diventata una coppia di genitori e l’altro è quello del rapporto di coppia e di come questo evolve attraverso la nuova esperienza. È importante che venga mantenuta una particolare cura e attenzione anche per la coppia di partner e non soltanto per la coppia di genitori. Ci sono infatti delle situazioni in cui si aiuta un intero gruppo famigliare o un bambino semplicemente aiutando i genitori a riprendere la loro coppia in mano. A trovare spazio per sé e spazio per crescere insieme, non investendo solo ed esclusivamente nell’essere genitori.

“È il bambino che porta i genitori in consultazione”. Cosa si intende?

Che sia il bambino a portare i genitori in consultazione è una frase di Racamier, il quale diceva una cosa che ho sempre trovato vera nella mia esperienza. Sosteneva che spessissimo il bambino porta i genitori in consultazione perché in qualche modo l’intera famiglia possa arrivare a stare meglio. È emblematico l’esempio del bambino iperattivo che reagisce con l’iperattività ad un momento depressivo della mamma. In realtà il problema è della mamma ed è lei soprattutto che deve essere aiutata. Anche nel caso di altri sintomi che portano i bambini a manifestare un disagio, una volta che si lavora su questo disagio in genere migliora anche la qualità di vita dell’intera famiglia.

Di fatto, nel rapporto genitori-figli, il desiderio del bambino rappresenta il desiderio della mamma…

Un caso classico è quello di bambini che hanno una relazione con una mamma che può avere dei lutti non elaborati. Il tema del lutto dal punto di vista psicologico è un tema molto importante. In tali situazioni si vede che nel momento in cui c’è una elaborazione del lutto mamma e figlio stanno meglio. Ricordo, al proposito, una bambina che apriva sempre le sue sedute di terapia disegnando una tomba e una croce. La mamma è stata mandata in consultazione da me e quando abbiamo cominciato a lavorare con lei ci siamo resi conto che si portava dentro il lutto della perdita di sua madre non elaborato da anni e anni. Quando questa giovane madre è riuscita ad elaborare la perdita e il lutto, la bambina ha smesso di disegnare le croci e ha iniziato a disegnare principesse. Ci è voluto un lungo lavoro di sostegno perché ci fosse questo sblocco della mamma. È in questo senso che Racamier diceva che i bambini portano i genitori in consultazione.

Emblematica è, ancora, la frase di una bambina alla quale la madre aveva chiesto cosa poteva fare per renderla felice e la bambina le aveva risposto “devi essere felice tu così dopo sono felice anche io”.

Fonte pensiero.it – Pensiero scientifico editore – Alba Marcoli, psicologa.

Pubblicato su Va’ Pensiero n° 261

Alba Marcoli è una psicologa clinica di formazione analitica. Ha avuto una lunga esperienza nel campo dell’insegnamento e della psicoterapia. Si occupa da anni di disagio giovanile e di problemi della famiglia. È autrice per Mondadori dei seguenti libri

“Il bambino arrabbiato. Favole per capire le rabbie infantili”,

“Il Bambino nascosto – Favole per capire la psicologia nostra e dei nostri figli  Il bambino perduto e ritrovato – Passaggi di vita- Le crisi che spingono a crescere”.